Decrescita o De-risking?


Lo sappiamo fin dagli anni Settanta del secolo scorso, parlare di decrescita non è opportuno. E’ anche un errore di comunicazione. Il termine decrescita, anche se accompagnato in tempi più recenti dall’aggettivo felice, non è accettabile; soprattutto dalle società occidentali. Molti esperti hanno liquidato l’ipotesi spiegando che la decrescita causerebbe milioni di disoccupati ed il collasso della società del benessere. Altro che felice. Ora, all’inizio del terzo millennio, in occidente si è cominciato a prendere atto che l’utopia della crescita continua, finanziata dall’aumento del debito continuo, non può più continuare. Non perché non si possa più stampare carta moneta ma perché le attività, cosiddette antropiche, hanno contribuito ad alterare in pochi decenni, fino a sconvolgerlo, il delicato equilibrio climatico che ha reso possibile la vita e lo sviluppo del genere umano sul nostro pianeta. Quasi tutti ormai, anche alcuni negazionisti, se ne sono resi conto. La crescita continua è insostenibile. Ecco allora che le élite e gli esperti di comunicazione hanno cominciato a parlare di transizione ecologica e di sviluppo sostenibile. I termini sono politicamente corretti e possono quindi essere accettati dalle democrazie occidentali. E la maggioranza degli umani che vive ad est e a sud del mondo? I due terzi della popolazione mondiale, che la società del benessere cominciavano appena a pregustarla, si sono sentiti dire che, per loro, è troppo tardi. A loro non è consentito inseguire il sogno occidentale. Colonizzare i paesi ricchi di materie prime; e neppure proseguire con una produzione industriale selvaggia, che non rispetta l’ambiente. Anche se per produrre beni e tecnologie a basso costo, un tempo destinati unicamente agli occidentali, ma di cui ora cominciano loro stessi a beneficiare. Insostenibile. La festa, per loro appena cominciata, è già finita. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato a dato. Le democrazie Occidentali intendono assolutamente riaffermare il loro primato e riprendere il ruolo guida in questa nuova epopea prima che sia troppo tardi, sperando che ancora non lo sia. Spetta all’Occidente l’onere e l’onore di effettuare le scelte, stabilire le priorità e decidere i tempi per raggiungere un nuovo equilibrio ambientale e non solo? Gli altri, soprattutto ad est, sembrano non essere d’accordo. Con quali argomenti pensiamo di convincerli?

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