“Only what gets measured, gets done”.
Le parole della Presidente Ursula von der Leyen, pronunciate lo scorso 8 novembre, sono una indicazione e una sfida per gli stati membri dell’Unione Europea, in particolare per l’Italia. Per meglio inquadrare il contesto riporto uno stralcio più ampio del suo discorso tradotto in italiano:
“Questo è il motivo per cui abbiamo concordato con gli Stati membri una serie di traguardi e obiettivi che devono essere raggiunti. Perché sappiamo tutti per esperienza:
Solo ciò che viene misurato, viene fatto“
Lascio agli esperti ed ai politici i grandi temi del governo dell’Unione Europea e degli ambiziosi piani di ripresa e resilienza, concordati con gli stati membri in cambio di finanziamenti e deroghe di bilancio. Mi piace osservare invece che un tale principio, finalmente enunciato in termini perentori, da una donna, andrebbe adottato anche dalle moltissime istituzioni ed enti che caratterizzano la nostra società; iniziando dalla stesura dei piani fino all’implementazione dei progetti.
Se la logica enunciata dalla Presidente è indiscutibile, l’esperienza ed i fatti ci dicono che molto spesso:
- Gli obiettivi ed i traguardi non vanno oltre le dichiarazioni di principio o di intenti, troppo generiche per essere oggettivamente misurate,
- L’identificazione e l’uso di idonei indicatori di prestazione e di risultato, per valutare ciò che viene fatto, è pratica poco diffusa già nella fase di pianificazione e progettazione; limitata al minimo in quella di implementazione; generalmente dimenticata nella verifica finale.
Il primo caso è prassi consolidata in politica; il secondo è comune in molte attività tecniche e gestionali. Noi italiani ne sappiamo molto al riguardo. Mancanza di metodo e strumenti, o mancanza di volontà? A ciascuno scegliere in base alle proprie esperienze ed opinioni; senza escludere la combinazione delle due ipotesi..
Da tempo ormai si intuisce la necessità di una ulteriore, fondamentale, transizione che dovrebbe coinvolgere le istituzioni e gli enti che forniscono servizi ai cittadini utenti. Si parla di una transizione metodologica, che dovrebbe coinvolgere anzitutto le classi dirigenti, per poi diffondersi, anche attraverso la scuola, alle nuove generazioni.
Se si iniziasse, a titolo di esempio, con i programmi ed i progetti che riguardano gli organi ed i gruppi di lavoro degli ordini professionali, attualmente in fase di rinnovo?
“Voglio illudermi che dare l’esempio conti” ha recentemente dichiarato, ad un quotidiano francese, un uomo di cultura italiano. Noi ingegneri siamo ancora capaci di illuderci?
Ciao Giovanni,
in risposta alla tua, aggiungerei un terzo pallino e un paio di considerazioni:
Obiettivi e Traguardi Valutare ciò che viene fatto Monitorare e manutenere le opereper la loro funzionalità e la minimizzazione dei rischi Metodo e strumenti possono essere mutuati da altre discipline e da analoghe situazioni in altri Paesi, se non si trova in Italia La Volontà è un fatto personale ma poco vale l’impegno di singoli volenterosi un ambito/ambiente di connivenza e cattolicissimi “velenose bene” Dobbiamo imparare e insegnare che ognuno deve fare la propria parte e che siamo uomini soggetti a sbagliare e se non c’è chi controlla si massimizza il rischio di ottenere risultati poveri (inefficienze) o negativi (incidenti) da progetti con obiettivi e traguardi ambiziosi.
Grazie per la provocazione e a presto
Marco
Marco Maria Marchini +39 3482245267 mptg18@gmail.com
>
Grazie Marco per i tuoi commenti. Mi ha sorpreso il “velenose bene” poi ho immaginato che il correttore può averti ingannato e ho letto “volemose bene” ; é così?
Alla prossima ..