8 settembre 1943: vi ricorda qualcosa, anche se non eravate ancora nati?

Oggi, scorrendo i quotidiani nazionali, non ho trovato alcun riferimento all’8 settembre 1943. Nessuna memoria, nessuna riflessione. Certo, le notizie urgenti sono altre, e forse la maggioranza dei lettori preferisce celebrare i successi piuttosto che confrontarsi con gli errori.
Eppure, pur non essendo nato in quella data, ricordo bene i racconti, i commenti, le emozioni disilluse di chi ha vissuto quel momento tragico. Un popolo smarrito, tradito, lasciato senza guida. Un’Italia che ha conosciuto il dolore della resa e il caos della divisione.
Ricordare gli errori non è un esercizio di autocommiserazione, ma un atto di responsabilità. Perché dimenticarli? Per non urtare la suscettibilità di un’Italia che oggi vuole apparire forte e rilevante? O forse perché la memoria è scomoda, e ci costringe a fare i conti con ciò che siamo stati?
Io credo che la memoria sia un dovere. Non per restare prigionieri del passato, ma per costruire un futuro più consapevole. Perché solo chi riconosce le proprie ombre può davvero aspirare alla luce.
P.S. Mi sto impegnando per favorire il dialogo intergenerazionale anche bottom up. Ma in questo caso ritengo sia un preciso dovere dei baby boomers — che non hanno vissuto direttamente quei giorni, ma ne hanno sentito i racconti — mantenere il classico top down verso le nuove generazioni. Perché la memoria non si tramanda da sola: va coltivata, condivisa, protetta.
Bravo! Interessante
Ho avuto la fortuna di avere un bisnonno prima ed un nonno poi che hanno avuto la voglia e la pazienza di sedersi con me e raccontarmi ore ed ore delle loro storie, inclusa (seppur edulcorata) la guerra che hanno vissuto. Purtroppo la trasmissione orale in famiglia della conoscenza si sta perdendo nelle nostre culture “avanzate”, a beneficio di un’informazione che ha sviluppato i suoi codici (bene!) al prezzo di essere sempre più influenzata dagli interessi di chi la sostiene (…).
Forse, se accettassimo con un po’ di umiltà di fare un passo indietro e tornassimo a trasmettere il sapere anche stando seduti su un divano e non solo generando terabyte e terabyte di post sui social, alcuni valori e coscienze collettive riaffiorerebbero anche nelle nostre società.