Lo sentiamo e leggiamo ormai giornalmente. L’appello di politici, amministratori, autorità; a livello nazionale e globale. Quasi ovunque si invocano le riforme. In Italia si ricomincia dalla ormai abusata riforma del codice degli appalti, per volare basso, fino alla riforma della magistratura e dei suoi organi di autogoverno. Negli Stati Uniti, si invoca la riforma della polizia. In quasi tutti gli stati “democratici” si parla di riforme necessarie per garantire i diritti degli ultimi, delle donne e non solo, dei lavoratori, delle specie animali, degli oceani e dell’ecosistema in generale. Per non parlare delle riforme nelle Chiese, già riformate o meno. La storia della nostra civiltà, quella occidentale, è costellata di riforme, controriforme, restaurazioni.
Ora, sembra esserci una novità, non solo in Italia. Maggioranze ed opposizioni, avvertendo l’incertezza del domani, propongono di fare le riforme “tutti insieme”. I risultati imprevisti e sorprendenti di molte consultazioni popolari in questi ultimi anni, hanno generato un clima di incertezza sempre maggiore nelle classi politiche e dirigenti e reso sempre meno credibili i tradizionali riferimenti, ideali e politici. Unica a sfuggire al condizionamento delle nuove tecnologie di comunicazione rimane la regola d’oro delle riforme. Quale regola? Superfluo ricordare l’ormai abusato principio del Gattopardo. (Cambiare tutto per non cambiare niente)
Cosa sfugge, ancora una volta, a chi crede sinceramente nel cambiamento?
E’ Inutile continuare a cambiare le regole del gioco, se i giocatori continuano a barare.
Dobbiamo prendere atto che spesso siamo noi ad auto-ingannarci, credendo di avere buoni motivi per non rispettare quelle regole a cui ci aspettiamo si debbano attenere gli altri. Certo, il ruolo guida, e di esempio, delle classi politica e dirigente è fondamentale ma, in democrazia è la pubblica opinione ad esprimerle.
In definitiva, dovremmo trovare la forza e le motivazioni per cominciare a riformare anzitutto noi stessi.

Basterà lo spauracchio del “virus nero”, a cui abbiamo dato le sembianze di una mina sottomarina, altro che cigno, a farci modificare i nostri istinti primari? Poco probabile. Forse occorrerà che una serie di concause ci metta veramente alle strette. Non serve essere pessimisti. Dopo il secondo medioevo, da più parti annunciato ormai dagli anni Settanta del secolo scorso*, di cui cominciamo a vedere segnali sempre più allarmanti, ci sarà un nuovo rinascimento? Non ne possiamo essere certi. Questa sembra una valida ragione per cominciare la nostra riforma personale. Sarà un’utopia ma non un sogno impossibile.
*A titolo di esempio : Medioevo Prossimo Venturo – Roberto Vacca – 1972
La rapidità tipica e diffusa della nostra epoca rende il medioevo prossimo venturo non tanto un periodo storico ma una nuvola costellata di ingressi nel buio e rapide apparizioni di individui che vogliono cambiare il mondo con la loro idea, portando una luce tanto abbagliante nella notte quanto effimera. E così, se al buio della scorso medioevo seguirono l’alba del rinascimento e la luce dell’illuminismo, dalla penombra di questo medioevo si alza una nebbia che rende ancora più falsata la nostra visione… la nebbia si alzerà per lasciar spazio ad un nuovo illuminismo o resteremo nella nebbia fino al tramonto, per poi ritrovarla alle prime luci della successiva alba?
Mi è stato fatto osservare che le richieste per la tutela dei diritti dei più svantaggiati e per alcune riforme, a cui si fa riferimento nel post, non vengono solo dalle classi dirigenti e dai politici, ma dalle migliaia di persone che scendono in strada, un po’ in tutto il mondo, per protestare. Prendo atto, ringrazio e rendo pubblica questa giusta precisazione (che avrei preferito leggere tra i commenti al post). D’altra parte, non credo che essa alteri il senso delle considerazioni sopra svolte riguardo ai molti che, in buona fede, credono siano gli altri a doversi riformare.