Siamo sopraffatti dalla tecnologia e dagli algoritmi ma possiamo reagire.


Avete mai riflettuto sulla quantità di informazioni che ciascuno di noi , normalmente connesso, riceve giornalmente sugli schermi dei propri apparati? Giornali, posta elettronica, messaggi di vario tipo, pubblicità, notifiche di aggiornamento dei vari software e ultimi, non certo per importanza e quantità, i celebrati “social network”. Chi non ne segue almeno un paio, con il loro flusso incessante di riflessioni, considerazioni, inviti? Una quantità di testo ed immagini che facciamo fatica a quantificare sullo schermo ma che se volessimo rappresentare in volume sarebbe giornalmente cosi:

Nessuno, se dotato dell’ormai obsoleto buon senso, potrebbe pensare di sfogliare una tale quantità di pagine fisiche. Neanche Pico della Mirandola, riuscirebbe a memorizzarne più di un centesimo. Si ripropone una scena di Tempi Moderni in cui Charlie Chaplin cerca goffamente di rallentare il flusso incessante della catena di montaggio. Il risultato è che, per mancanza di tempo, pochi si attardano a leggere più di 20 righe. Certamente, molti cercano di attivare dei filtri, se non delle barriere, al flusso di notizie e sollecitazioni ma il risultato non è quasi mai soddisfacente. Inconsciamente facciamo in modo di leggere ed ascoltare coloro che dicono ciò che ci piace sentire. Si è già molto scritto e dibattuto sulla necessità di separare il segnale dal rumore, ma l’istinto di alzare la voce in un ambiente rumoroso è difficilmente controllabile. D’altra parte ciascuno di noi si rammarica, dopo aver postato un messaggio che ritiene utile ed istruttivo, se dopo qualche tempo non ha ricevuto un congruo numero di cuoricini e commenti. Qualcuno argomenterà che si può decidere di limitare il tempo in cui si resta connessi ma la sensazione di restare fuori, mentre all’interno la commedia può riservare un colpo di scena, ci fa sentire esclusi e frustrati. Non neghiamolo, molti ormai mangiano, e non solo, con lo smartphone in mano. Il risultato, in generale, è che la qualità dell’informazione ed anche della conoscenza è inversamente proporzionale al flusso delle informazioni. Il paradosso della produttività che diminuisce all’aumentare della tecnologia, già osservato all’inizio del secolo, trova una ulteriore conferma in campo soft. Non miglioriamo la qualità delle nostre opinioni limitandoci a leggere soltanto i titoli degli articoli e a guardare le immagini più attraenti. Anche le classi dirigenti non sfuggono a questa pericolosa deriva e assumono spesso decisioni illogiche seguite da provvedimenti incoerenti. Come se ne esce? Ancora una volta occorrerebbe far ricorso ad una “etica della conoscenza” per stabilire, in base alle evidenze scientifiche in cui tutti crediamo ed ai valori irrinunciabili a cui ci ispiriamo, le strategie e le conseguenti tattiche. Occorre la conoscenza per saper scegliere e l’etica per essere coerenti. Una sfida difficile a cui occorre preparare le nuove generazioni fin dalla scuola primaria e quelle già al lavoro con una formazione continua di qualità; sia essa certificata o meno. Introduco questo messaggio nella bottiglia e la lancio nel web ..Qualcuno lo leggerà?

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