Tutti lo sanno, il termine mediocre ha da sempre un’accezione negativa. Uno studente mediocre, un giocatore mediocre, “la mediocrità del male”.

Nessuno di noi amerebbe sentirsi definire “mediocre” in relazione alla sua persona ma anche alle sue prestazioni, professionali e non. Oggi la nostra società della tecnologia e del marketing si spinge rapidamente in avanti nella scala degli aggettivi qualificativi partendo dall’ottimo fino all’eccellente. Le cose non cambiano altrove. La cultura anglosassone, più di ogni altra, ha fatto della ricerca dell’eccellenza un elemento distintivo e qualificante, presente in quasi tutte le presentazioni aziendali e ricerche di personale. Si tratti di una società di consulenza, di una multinazionale del tabacco, di un produttore di automobili.
Se torniamo alle radici, latine, dei termini mediocre e eccellente scopriamo tuttavia che la mediocritas definita anche aurea dal poeta Ovidio, possiamo tradurla con il termine “medio”, “che sta in mezzo”. Il termine excellens invece è un superlativo, riservato a chi sta ben al disopra della media. A rigore di logica dunque se consideriamo un “campione significativo” di una qualsiasi popolazione, è poco probabile che la maggioranza dei soggetti non si trovi in prossimità della media, mentre alcuni saranno al disotto e altri al disopra. (Qualcuno potrebbe eccepire che una caratteristica della nostra attuale società è proprio l’impoverimento della classe media, ma questo è un altro problema). Limitiamoci a parlare di qualità, di un servizio o di un prodotto. Se è sano e lodevole cercare di migliorare continuamente, come singoli o come gruppo, caratteristiche e prestazioni, è invece ingannevole pensare che tutti possano diventare o essere etimologicamente eccellenti. In realtà sappiamo che l’autoinganno ci spinge a considerarci ed a voler apparire migliori degli altri, anche se in realtà non è così. A volte, per ottenere il risultato di eccellenza ci si dimentica che in ogni valutazione esiste una direzione e un verso, che possiamo identificare con i valori e gli indicatori. Per cercare di eccellere in alcuni indicatori se ne trascurano altri o, peggio, si dimenticano i valori, cambiando continuamente direzione. Ci sono altri aspetti negativi in questa diffusa ricerca dell’eccellenza. Non riuscendo a distanziare gli altri concorrenti, perché impossibilitati o incapaci di miglioraci, ci diamo da fare per danneggiarli in modo che, se noi non riusciamo ad avanzare, siano gli altri ad arretrare. In una società in cui la maggioranza degli individui cerca onestamente di progredire in base a indicatori e valori condivisi, è ragionevole attendersi che i veri eccellenti restino percentualmente minoranza, così come i pessimi, difronte ad una media che continua a progredire. Per il futuro credibile della nostra civiltà questa sembra la prospettiva più affascinante e la sfida culturale da vincere.
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