Da più parti si sente parlare della necessità, per rilanciare l’economia, di attivare un piano di ricostruzione simile a quello denominato Marshall, attuato nell’ultimo dopoguerra per dar lavoro a milioni di disoccupati, dopo cinque lunghi anni di guerra. Allora, nel 1946, furono utilizzate risorse straordinarie per finanziare un imponente programma di ricostruzione di edifici ed infrastrutture distrutti da innumerevoli battaglie e migliaia di tonnellate di bombe sganciate su città e strutture produttive.
Conseguentemente a questa presunta necessità di procedere senza indugio alla ricostruzione, si chiede anche di rimuovere i vincoli che tradizionalmente ostacolano l’attività nel settore delle costruzioni. Uno in particolare, il codice degli appalti.
Assimilare l’attuale situazione allo stato di guerra può risultare efficace, in considerazione delle numerose limitazioni poste alle libertà dei cittadini, al blocco di alcune attività, al numero di decessi. Invocare però un piano di ricostruzione urgente di infrastrutture, per rilanciare l’economia attraverso le costruzioni, appare fuorviante e non in linea con le reali problematiche e le disfunzioni emerse in questo inizio d’anno 2020. Promuovere, con scarsa fantasia, Il “business as usual” ripetendo gli errori del passato sarebbe inutile, anzi dannoso.
Covid19 non ha distrutto le nostre infrastrutture fisiche. Ha reso evidenti le molte contraddizioni e la precarietà della nostra società e della struttura economica del terzo millennio, che da tempo sapevamo essere per molti aspetti insostenibile. Prima delle risorse finanziarie servono le idee ed il coraggio di mettere alla prova la loro efficacia.
l’inevitabile ed auspicata ricostruzione dovrebbe quindi iniziare ridisegnando le nostre strutture sociali, economiche e politiche, facendo riferimento, non solo per gli aspetti sanitari, agli esperti e agli scienziati. Quelli competenti ed indipendenti. Questo implicherebbe un atto di umiltà, non comune, delle classi politica e dirigente, a livello nazionale e sovranazionale. Servono dei cambiamenti, ma non per non cambiare nulla. L’opinione pubblica ed i giovani in particolare se lo aspettano ed ora sono pronti a partecipare attivamente. La classe politica è disposta a sorprenderci? Qualcuno alzi la mano per favore.
L’ha ripubblicato su Ethics of knowledgee ha commentato:
Abbiamo, insperatamente, ottenuto i mezzi finanziari. Ora servono le idee per “investire” e non solo spendere tante risorse. Quella del cambiamento rimane una sfida difficilissima e cruciale, per le classi dirigenti e per ciascuno di noi.