Settantacinque anni dopo la prima esplosione di una bomba termonucleare ad Hiroshima, in Giappone, ritengo opportuno riproporre un post dello scorso anno, sul tema delle bombe e non solo..

Cosi cantava un noto complesso rock nei primi anni Settanta. A mezzo secolo di distanza, dopo infiniti dibattiti, il problema del rischio nucleare non è stato risolto; neanche per lo stoccaggio delle scorie radioattive degli impianti civili. Oggi, tuttavia, le preoccupazioni della pubblica opinione, sono indirizzate altrove. Di “olocausto nucleare”, in particolare tra i giovani, si sente parlare poco. Le ansie dei più sensibili derivano, aldilà dei problemi climatici, dall’ inarrestabile e dirompente avanzata della tecnologia; in particolare dalle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale. A questo riguardo esperti e cultori della materia continuano a ricordare che non c’è motivo di essere diffidenti nei confronti delle nuove tecnologie; dell‘AI in particolare, che ci permetterà, fra l’altro, di evitare comportamenti incoerenti, errori e pregiudizi. Giusto!
La nostra istintiva diffidenza tuttavia rimane. Non è nei confronti della tecnologia, bensì degli umani, dell’uso ed abuso che potrebbero farne. Noi non abbiamo paura della…
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Vien da chiedersi: perché preoccuparsi dell’AI quando principi basilari di sicurezza sono trascurato a beneficio di pratiche di comodo? Come ritenere di una qualunque utilità la classe politica quando dico fronte ad esplosioni la persona responsabile se ne esce esclamando: “io sono anni che lo dicevo che era pericoloso!”?
Forse riapprendere il buon senso e ripartire da lì, anziché pensare tutti sempre e solo ai macro-sistemi strategici, ci aiuterebbe a cambiare le cose in meglio in modo molto più efficace e concreto….