Quando il Project Management non era ancora “certificato” nelle società di ingegneria si tramandava un adagio che, tradotto in italiano, recita più o meno così:
“Il progetto finisce con la punizione di quelli che hanno lavorato (a volte sbagliando) e la premiazione di quelli che non hanno fatto nulla”.
La validità di questa riflessione, non certificabile, si applica anche in altri ambiti in cui ad alcuni è affidato l’onore e l’onere di gestire gli interessi, a volte contrastanti, di molti. Gli azionisti giudicano in base ai risultati (spesso solo economici) che sono stati loro promessi. E gli elettori, negli stati democratici? L’alternanza è sana e utile se sono definiti obiettivi realistici, strategie credibili, parametri di verifica oggettivi e misurabili. Promuovere qualcuno soltanto perché (senza far nulla) non ha ancora commesso errori, non garantisce risultati migliori dei precedenti.
Caro Giovanni,
in un Progetto le condizioni al contorno sono, in genere e con un certo limite di variabilità , abbastanza definite, altrimenti non se ne vedrebbe neppure l’inizio; nella gestione di una Repubblica, in particolare come la nostra, piena di ladri e di eroi, di artisti e fantasisti, di paraculi e volontari, riuscire a tenere il timone su una linea coerente e costruttiva è cosa ben difficile.
Quanto a lodi o vituperio per chi ha gestito negli ultimi anni, mi pare che la memoria degli italiani sia molto corta e mi devo complimentare con il Nobile per essere riuscito a imbonire tanti meschini con i suoi discorsi vuoti e dopo non aver concretizzato alcunché nei suoi periodi da responsabile.
Marco